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giovedì 29 settembre 2016

Come un pesce ...

Sono sempre qui.
Muta come un pesce, mi arrampico sugli specchi facendo finta che tutto sia regolare. Cosa c'è che non ha funzionato?  Dove ... e quante volte ho sbagliato?  Non so più niente di me, confido solamente nelle apparenze e in quello che ancora riesco a percepire: l'istinto.
Credo di agire oramai come un animale, faccio quello che devo fare, in automatico, per il bene del branco. quando sono braccata scappo o mi difendo. Quando ho fame mangio, quando ho sonno dormo, socializzo, rido per dimenticare, non esterno più l'amore per non soffrire, anche se vorrei dannatamente lasciarmi andare. Alla fine della serata, mi domando se tutto questo è normale, e mi interrogo ancora una volta...dove ho sbagliato e dove ancora sto sbagliando?  Ogni tanto lancio tra le righe un piccolo s.o.s., ma non viene interpretato...cosa dovrei fare...dovrei mettermi ad urlare in una piazza, dovrei iniziare a esternare quello che vedo, penso, ascolto? Ma io non lo so fare purtroppo. Non so dove iniziare, non so cosa dire, non sono abituata a disperarmi. NON SO CHIEDERE AIUTO. Questo perché non ho potuto mai permettermi il lusso di farlo,  non so cosa vuol dire lasciare andare tutto, anche se tante volte avrei desiderato farlo più di ogni altra cosa.
Scivolare dentro una inesorabile depressione, dormire, vegetare, spurgare, guarire, resuscitare.
E invece no.  Sono sempre stata attaccata a qualcosa che non era mio, un problema che non era mio, una depressione che non era mia, a una malattia che non era mia. Perché io dovevo essere lì, a fare da eroe crocerossina, per sostenere, appoggiare e calmare le anime smarrite. Dunque mi domando, DOVE HO SBAGLIATO?  Perché mi ritrovo sempre il solito cliché di personalità intorno a me, a cui piace parlare molto, e guarda il caso... ascoltare poco?  Da dove nasce la convinzione di essere migliore di un altro?  Come si fa ad avere sempre la certezza di avere una storia da raccontare migliore di quella  della persona che ti ritrovi davanti - e che magari in quel momento ha un bisogno disperato di comunicazione? Perchè quando si mette un pezzo di cuore in esposizione davanti a tutti, c'è sempre qualcuno che per competizione vuole mettere il suo di pezzo, più grosso, più bello, più rosso, più rumoroso?  E quando hai una storia triste da raccontare, provare per credere: vai col cronometro, lo sguardo dopo un po'si gira dall'altra parte, è una gara di resistenza, dove alla fine mi faccio la scaletta dei buoni, dei cattivi, dei cattivissimi. Poi ci sono anche gli educati, quelli che sono esperti nel far scivolare  l'argomento della conversazione da un'altra parte.
Ma tranquilli, non porto rancore con nessuno. Forse sarà colpa del testosterone un po' bassino.  In ogni modo non ho proprio nessun genere di spazio mentale per potermi permettere pensieri negativi. Quindi...che dire...domani è un altro giorno e si vedrà.   Voi statemi bene, con i vostri post di canini e gattini, i vostri insulti razzisti, i vostri self egocentrici, i vostri pensieri adagiati su un nastro trasportatore riempiti di like vuoti, vuoti come la vostra anima.   Salutatemi il vostro EGO, ditegli da parte mia che magari ogni tanto un po' di riposo non ha mai fatto male a nessuno.
Vi auguro, davvero, questa volta senza ironia,  che un giorno possiate trovare la fonte delle vostre insoddisfazioni e che magari con un po' di coraggio proverete a prendere in mano un pennello iniziando a colorare finalmente la vostra vita dei vostri colori preferiti... Arrivederci...

3 commenti:

enzo ha detto...

Non sai dove hai sbagliato ma sai scriverlo bene. Mi domando scriverlo non aiuta? Non chiarisce, non libera? Perchè a me invece fa questo effetto. E niente altro.
Se ti chiedi il perchè di certe cose e di certi atteggiamenti e lo domandi alla rete non avrai mai alcuna risposta; può capitare per caso di incrociare un essere umano e non solo un blogger, ma è un fatto raro. Meno raro vivere sugli altri, sulle altri necessità, sulle altrui incombenze e perdere il contatto con il proprio microcosmo, perdersi del tutto e non avere più il tempo di viversi. Non c'è soluzione credimi a meno di uno strappo coraggioso e violento. Noi ci siamo incrociati secoli fa, ho ritrovato le tue pagine e sono tornato...in questo silenzio irreale. Ciao

enzo ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
Anonimo ha detto...

A volte ci si capita per caso ed è come imboccare un sentiero mentre stavi sovrappensiero. Andavi avanti guardando i piedi che procedevano da soli, senza guardarti attorno, attento solo a non cadere. Eri solo carne che cammina. Poi, e non sai nemmeno il perché, un sussulto. Una reazione ad un rumore lieve ma improvviso, forse un lampo di luce o, forse, una semplice parola che ti urlava dentro e fingevi di non sentire. E ti guardi intorno, non sai come e perché tu sia arrivato sin là, un luogo che non riconosci e nel quale ti senti a disagio. Quel percorso davanti a te non lo avresti mai scelto se solo avessi avuto coscienza in tempo. Ti sei lasciato vivere ed ora sai che puoi fare solo l'unica cosa che ti farà sentire vivo, capace di vivere, di provare a vivere una vita che sia tua e non degli altri: lasciare quella via già segnata, uscire dai margini e buttarti in mezzo ai rovi. Vedrai finalmente il tuo sangue e anche se sarà dolore ne gioirai.

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