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mercoledì 26 ottobre 2011

Dal "Libro dell'inquietudine" - Fernando Pessoa


Se qualcuno volesse redigere un campionario di mostri non dovrebbe far altro che fotografare con parole quelle cose che la notte porta negli animi assopiti che non riescono a prendere sonno. Queste cose posseggono tutta l'incoerenza del sogno senza l'incognito alibi dello stare dormendo. Si librano come pipistrelli sulla passività dell'anima o vampiri che succhiano il sangue della sottomissione. Sono larve del precipizio e della dissipazione; ombre che riempiono la valle, le orme che restano del destino. A volte sono vermi che provocano nausea alla stessa coscienza che li culla e che li crea, altre volte sono spettri, e sinistramente rondano il nulla, altre volte ancora emergono come serpi dalle assurde caverne delle emozioni perdute. Zavorra del falso, non servono ad altro se non a farci essere inutili. Sono dubbi dell'abisso che appiattiti nell'animo trascinano pieghe sonnolente e fredde. Hanno durata di fumo, passaggio di orme, e altro non c'è se non l'essere esistiti nella sterile sostanza della consapevolezza che abbiamo avuto di essi. Alcuni sono come l'elemento recondito di un fuoco d'artificio: si incendia un attimo fra i sogni; e il resto è l'inconsapevolezza della consapevolezza con cui lo abbiamo visto.
   Fiocco sciolto, l'anima non esiste in se stessa. I grandi paesaggi sono per il domani, e noi abbiamo già vissuto. La conversazione interrotta è fallita. Chi lo avrebbe mai detto che la vita sarebbe stata così?
   Mi perdo se mi incontro, dubito se trovo, non possiedo se ho ottenuto. Come se passeggiassi, dormo, ma sono sveglio. Come se dormissi, mi sveglio, e non mi appartengo. In fondo la vita è in se stessa una grande insonnia e c'è un lucido risveglio brusco in tutto quello che pensiamo e facciamo.
Sarei felice se potessi dormire. E' un opinione di ora, perchè non dormo. La notte è un peso immenso dietro al soffocamento della coperta muta di ciò che sogno. Ho un'indigestione nell'animo.
   Sempre, dopo il dopo, verrà il giorno, ma sarà tardi, come sempre. Tutto dorme ed è felice, ma non io. Riposo un poco senza osare dormire. E grandi teste di mostri inesistenti emergono confuse dal fondo di chi io sono: draghi dell'Oriente dell'abisso, con lingue di un rosso illogico, con occhi che guardano senza vita la mia vita morta che non li guarda.
   Il coperchio, per l'amore del cielo, il coperchio! Mi completino l'incoscienza e la vita! Per fortuna, dalla finestra fredda con le imposte aperte, un trsite filo di luce pallida comimincia a spazzare l'ombra dall'orizzonte. Per fortuna, dalla finestra che sta per nascere è il giorno. E mi acquieto quasi dalla stanchezza dell'inquietudine. Un gallo canta, assurdo, in piena città. il giorno livido comincia nel mio vago sonno. Una volta dormirò. Un rumore di ruote è una carrozza. Le mie palpebre dormono, ma io non dormo. Tutto, finalmente, è il Destino.

   Dopo una notte trascorsa male nessuno ci vuole bene. Il sonno sfuggito si è portato via qualcosa che ci rendeva umani. Sembra che ci sia un'irritazione latente contro di noi perfino nell'aria inorganica che ci circonda. Il fatto è che noi abbiamo abbandonato noi stessi, ed è fra noi e noi che si tesse la strategia della sorda battaglia.
   Oggi ho trascinato per la strada le mie gambe e la mia grande stanchezza. Ho l'anima ridotta a una matassa aggrovigliata, e quello che sono e sono stato, che sono io, ha dimenticato il suo nome. Se ho un domani, so solo che non ho dormito  e la confusione di vari intervalli offre grandi silenzi alla mia conversazione interiore.
   Ah, grandi parchi degli altri, giadini abituali a tanti, meravigliosi viali di coloro che non mi conosceranno mai! Io vegeto fra veglie, come chi non ha mai osato essere superfluo, e ciò che medito trasalisce come un sogno alla fine.
   Sono una casa vedova, claustrale in se stessa, abitata da spettri timidi e furtivi. Mi trovo sempre nella stanza accanto, o vi si trovano loro, e sento grandi fruscii di alberi intorno a me. Divago e trovo; trovo perché divago. Miei giorni di bambino, anche voi con il grembiule addosso!
E in mezzo a tutto ciò cammino per la strada, pelandrone del mio vagabondaggio-foglia. Un vento lento mi ha spazzato dal suolo ed io erro come la fine di un crepuscolo fra gli avvenimenti del paesaggio. Le palpebre mi pesano nei piedi che trascino. Vorrei dormire perchè cammino. Ho la bocca serrata come se le labbra dovessero appiccicarsi. Faccio naufragare il mio vagabondaggio.
Si, non ho dormito, ma sono più a posto così, se non ho dormito e se non dormo. Sono veramente io in questa eternità casuale e simbolica dello stato di mezz'anima nel quale illudo me stesso. Alcune persone mi guardano come se mi conoscessero e non mi riconoscessero. Sento che anch'io le guardo con orbite avvertite sotto le palpebre che le sfiorano, e non voglio saperne del fatto che esista il mondo.
Ho sonno, molto sonno, tutto il sonno!
   Prima è un rumore che produce un altro rumore nella cavità notturna delle cose. Poi è un urlo incerto, accompagnato dall'oscillazione cigolante delle insegne della strada. poi, ancora, c'è un'altezza improvvisa nella voce lavata dello spazio, e tutto rabbrividisce, e non oscilla e cìè silenzio nella paura di tutto questo con una paura sorda che (...) soltanto quando è passata.
   Poi non c'è altro che il vento: solo il vento, io ho sonno, e mi accorgo che le porte fissate vibrano e le finestre emettono un rumore di vetro che resiste.
   Non dormo. Intra-sonno.
   Nella mia coscienza ci sono vestigia. Pesa in me il sonno anche se non mi pesa l'incoscienza... Non esisto... Il vento.... Mi sveglio e non mi addormento di nuovo. Non ho ancora dormito. C'è un paesaggio dal suono alto e torvo oltre il quale mi disconosco. Assaporo in segreto la possibilità di dormire. In effetti dormo, ma non so se dormo. In ciò che noi pensiamo consista il rumore c'è sempre rumore da momento finale, il vento nell'oscurità e, se io ascolto ancora, il rumore dei polmoni e del cuore.


4 commenti:

giorgio ha detto...

Ciao!!! Che sorpresa!!!
Mi sono trovato tra la Merini e Pessoa, come dire a casa mia...
Grazie del tuo commento.
Spero che tu stia bene.
Un abbraccio sincerissimo, di cuore.
Non sai come sono d'accordo sul fatto che uno si debba denudare davanti all'altro. Il problema è che oggi è più facile fare cadere i vestiti che i timori interiori.
Scrivimi anche per mail, quando ne hai voglia, per raccontarmi un po' di te. Mi farebe piacere.
Un mondo di cose buone.
Giorgio

Tracce Indelebili ha detto...

Grazie Giorgio !!

ma dove lo trovo il tuo indirizzo??

:-)

giorgio ha detto...

Ah! Che coincidenza...
Anch'io ho bisogno di dirti una cosa!
Scrivimi a giorgio52@hotmail.it .
Aspetto...

Pandemonia. ha detto...

Adoro Pessoa.

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